Narcisismo:individuo e gruppo

di Edmond Gilliéron

Introduzione

M. MONTLERAY : Il narcisismo, o amore di sè, è per la psicoanalisi uno dei concetti indispensabili alla comprensione di processi fondamentali quali il sogno, la psicosi, l’instaurarsi del principio di realtà e del principio di costanza. Nell’opera di Freud, fu oggetto di studi che per 25 anni ne precisarono e modificarono parzialmente la portata. Il narcisismo designa l’investimento di energia psichica (o libido) sull’Io. L’analisi di quest’ investimento varierà dunque in funzione di quest’oggetto, l’Io, nel senso psicoanalitico del termine e cioè un’istanza che al tempo stesso regola le tensioni del soggetto e costituisce il soggetto stesso. Ecco perchè Freud, precisando progressivamente la funzione dell’Io, affronta in modo diverso il narcisismo. Attualmente, l’accezione del concetto varia a seconda che ci si riferisca ad un determinato momento del pensiero freudiano, o che, al contrario, si tenga conto delle linee e del movimento d’insieme. Il narcisismo designa sia l’insieme dei processi che indicano l’investimento libidico dell’Io, sia gli effetti di tale investimento. E’ uno strumento fondamentale per l’analisi dell’economia dell’inconscio, per esempio quando Freud utilizza questa nozione per l’analisi del delirio : « Il malato ritira dalle persone del suo ambiente, e dal mondo esterno in generale, ogni investimento libidico ad essi destinato fino a quel momento (…) Nella paranoia, la libido rimasta libera si fissa sull’Io (…) ; così, lo stadio del narcisismo, che ci è noto per essere uno degli stadi dello sviluppo libidico, nel quale l’Io del soggetto era un oggetto sessuale, viene raggiunto di nuovo (…) I paranoici possiedono una fissazione allo stadio del narcisismo. » La doppia polarità dell’economia libidica, fissata sull’Io o sul mondo, è formulata in modo netto in questo testo. Quale è questo Io, oggetto d’amore 2 narcisistico ? Nello stesso testo vengono formulate due risposte, che divergono : l’oggetto è designato a volte come Io, a volte come il proprio corpo . L’uno e l’altro si equivalgono ? Questi due possibili oggetti, il corpo e l’Io, sono di fatto evocati in contesti diversi. Quando Freud si riferisce all’Io, lo oppone al mondo esterno, partendo quindi dal presupposto che il rapporto con la realtà è già stabilito. L’amore che ha come oggetto l’Io, detto narcisismo secondario, suppone dunque l’instaurazione, almeno parziale, del principio di realtà. Al contrario, quando Freud individua nel corpo l’oggetto del narcisismo, lo fa parlando di uno stadio infantile in cui il rapporto con la realtà non si è ancora stabilito. Il narcisismo detto primario non si realizza contemporaneamente con l’investimento della realtà : abbozza il modello di un primo oggetto d’amore che è il proprio corpo. L’unicità – la coerenza che presta a questo oggetto – più tardi potrà estendersi agli oggetti della realtà. E’ uno stato intermedio, da situare tra lo stadio in cui ogni organo gode di sè stesso, per conto proprio, indipendentemente dagli altri, e lo stadio in cui si costituisce il principio di realtà. CosÌ, tre forme « d’amore di sè » si susseguono : l’auto-erotismo, o godimento che una parte del corpo deriva da sè stessa (l’insieme del corpo non esiste ; il corpo è diviso, frammentato in territori pulsionali « parziali ») ; il narcisismo primario, in cui il proprio corpo si costituisce come oggetto unificato ; il narcisismo secondario, in cui l’oggetto non è più un organo, nè un insieme di organi, ma l’Io e cioè un sistema che lega le rappresentazioni tra loro. Che cos’è il legame ? Quale processo sottende, a livello inconscio ? Questa è la domanda primordiale che Freud si pone sempre, per quanto riguarda l’Io e la sua economia narcisistica. Non affronterò questo tema nel suo insieme. Vorrei trattare soprattutto la questione dal punto di vista del rapporto del soggetto con sè stesso e con il 3 suo ambiente, e cioè dell’amore verso di sè e, in un certo senso, dell’amore verso il gruppo. Quali sono i rapporti che l’amore intrattiene con il narcisismo ? Freud definisce l’amore come uno stato specifico in cui l’Io, progressivamente, s’impoverisce a vantaggio dell’oggetto amato ; dichiara che questo oggetto prende il posto dell’Io. Queste affermazioni assumono tutto il loro spessore, tutto il loro senso se si ricorda in che modo l’Io è appena stato delineato : come effetto della resistenza esercitata dalla parola, dalla sua materialità e dalla sua forma. Affermare che nell’amore l’oggetto prende il posto dell’Io, significa che esso sostituisce (parzialmente e provvisoriamente) la rete di movimenti, di significanti e di forme che fino a quel momento assicuravano le funzioni narcisistiche. L’amore consiste nel mettere in scena, insieme ad una persona da noi scelta, l’espropriazione fondamentale che rende il narcisismo possibile. Questa forma d’amore riguarda l’amore dell’adulto per l’adulto. Per quanto riguarda l’amore del adulto per il bambino, cioè l’amore intergénérazionale, A. AKOUN precisa: “Preso, dalla nascita, nella rete del linguaggio, il bambino diventa soggetto assumendolo a suo conto, iscrivendovi la sua parola. Prima ancora di nascere, viene segnato dal modo in cui la sua nascita è attesa dal suo ambiente, e dal posto che gli viene assegnato, dato dall’incrocio delle proiezioni dei suoi genitori e dalle interferenze delle loro dinamiche emotive inconsce. In un certo senso, si costituisce come il prodotto ed il porta-parola della dialettica familiare. Nel suo corpo e nel suo essere psichico, narra la storia dei suoi genitori. Tuttavia, non è il prodotto passivo degli scambi e del dialogo tra il padre e la madre. Ricevendo le loro richieste inconsce attraverso il proprio immaginario, vi si sottometterà oppure no. Prodotto dei messaggi emessi dai suoi genitori, il bambino resta tuttavia un prodotto originale, dal momento che questi messaggi agiscono solamente grazie al senso che il suo narcisismo gli darà. E’ di questo accavallarsi tra il desiderio del bambino e l’ordine familiare che la psicoanalisi tenta di rendere conto. Ma questo desiderio e quest’ordine si 4 annodano in un oggetto simbolico particolare : un soggetto psicologico, un individuo che parla, che designa se stesso in prima persona.La psicoanalisi, mostrando come si compie, attraverso l’Edipo, l’ingresso dell’infans in questo mondo simbolico dove si stabilisce come soggetto, ha rivelato che l’individuo è l’effetto di una struttura sociale – quest’ultima intesa non come la struttura di questa o quella società storica particolare - ma come la struttura del sociale in quanto tale o, se si preferisce, come la sua « essenza ». Questo è il senso da dare all’affermazione dell’universalità del complesso edipico, che Freud porta avanti in modo inflessibile.” Tutto ciò significa che, a partire dalla nascita, le relazioni d’amore tra genitori e figli sono condizionate, per lo psicoanalista, da quella struttura sociale universale che sarebbe il complesso d’Edipo. Questo complesso rappresenterebbe la struttura di base e verrebbe modulata dai fantasmi dei genitori. Su questa dialettica si costruisce il narcisismo del bambino. Così, il bambino nasce e si sviluppa in una struttura gruppale, dovrei aggiungere “struttura gruppale di natura psicologica”. Secondo quest’ottica, sono i discorsi, le fantasie dell’ambiente che agiscono sul bambino e non la realtà esterna. Veniamo ora alla questione del gruppo vista dallo psicoanalista. Per illustrare l’approccio psicoanalitico del rapporto tra individuo e gruppo, citerò René Kaes, il quale distingue tre principali aree di ricerca : · “La prima ha a che fare con il narcisismo del soggetto all’interno del gruppo. Nonostante la questione abbia un rilievo in sè, porta a trattare forme e modalità di costituzione del narcisismo del soggetto considerato nella sua individualità. Di fatto, attualmente vediamo il narcisismo come fonte di un doppio appoggio, quella del corpo libidico ed immaginario e quella derivante da quella configurazione di legame che può essere inclusa nel concetto di gruppo. Il concetto di 5 gruppo è pertinente anche qualora ci si occupi di legami precoci che si organizzano (o falliscono nell’organizzare) i rapporti tra il narcisismo del soggetto e quello dei suoi genitori, del gruppo familiare e dei gruppi d’appartenenza sociali e culturali. Reperire i fondamenti e le vicissitudini del narcisismo nel gruppo, significa occuparsi delle basi del primo incontro tra più narcisismi, ai due margini dell’apparato psichico, quello su cui si fonda la pulsionalità e quello sul quale si fondano le identificazioni. Sostengo l’idea di una comunicazione tra questi due margini ; ne troveremo un esempio e un’espressione in uno dei sogni che avrò l’occasione di presentarvi. · La seconda area di ricerca ci conduce direttamente alla questione dell’articolazione del narcisismo del soggetto con il narcisismo gruppale. Non possiamo accontentarci di fare supposizioni su quest’articolazione : disponiamo di concetti e di modelli che ci permettono di pensarla. Il concetto di contratto narcisistico, elaborato da P. Aulagnier s’inserisce in un modello di questa articolazione. Deve la sua specificità e la sua pertinenza al fatto che rende conto del nodo narcisistico nella strutturazione congiunta e reciproca dello spazio psichico del soggetto e di quello dell’insieme. Esistono altri modelli dell’articolazione tra formazioni intra- e inter- o transpsichiche. Per esempio, il concetto di Sè gruppale, inizialmente proposto da Kohut e poi ripreso da A. Abraham e da D. Anzieu. Kohut ha costruito questo concetto partendo dalle sue ricerche sul Sè, che lui descrive come una struttura che ricopre la totalità della persona attraverso il polo dell’investimento narcisistico e che ne assicura il sentimento di permanenza e di unità. La nozione di Sè grandioso collettivo descrive un gruppo immortale, il cui leader è idealizzato e nel quale i membri del gruppo sono necessari al 6 mantenimento del gruppo immortale e degli ideali, onnipotenti e megalomani. · La terza area è quella del narcisismo inteso come formazione propria dello spazio psichico collettivo e condiviso da più soggetti. Questo tipo di narcisismo è una delle dimensioni costitutive del Noi, come proposto da J. Lemaire.” Per quanto mi riguarda, mi interesserò del secondo campo di ricerca, cioè quello del rapporto tra narcisismo individuale e narcicismo gruppale. In realtà dovrò occuparmin dei tre aspetti, cioè: 1.- sviluppo del narcicismo individuale all’interno del gruppo familiare 2.- costituzione o non costituzione del narcisismo gruppale 3.- spazio gruppale come formazione propria. Gruppo e individuo Preciserò immediatamente il mio punto di vista: la caratteristica fondamentale delle ricerche psicoanalitiche, essenzialmente teoriche, è di mettere l’accento prevalentemente sugli scambi inter-psichici, sulle emozioni e sui fantasmi condivisi oppure opposti, escludendo le interazioni tra individui o all’interno dei gruppi. In un certo senso, è come se tutto si svolgesse dentro ad un sistema di pensiero, per cui l’azione non è tenuta veramente in conto. Tutto accade, in un certo qual modo, all’interno di un sistema di pensieri nel quale gli atti non sono considerati. Si parla essenzialmente di struttura (complesso d’Edipo) e di discorsi sottesi dai fantasmi che si intrecciano. Questo intreccio condiziona l’equilibrio del gruppo. 7 Così, Kaes cita Freud che « parla in effetti di uno spazio onirico prenatale quando, in Introduzione al narcisismo (1914) dice che « Sua Maestà il bébé » è stato sognato dalla madre quando era nel suo grembo. Il bambino viene sognato come portatore della speranza che egli realizzerà i « sogni ed i desideri irrealizzati » di coloro i quali l’hanno preceduto e generato. E’ su questi « sogni e desideri irrealizzati » che il bébé dispiega il proprio narcisismo primario. La madre, il padre e l’insieme del gruppo familiare sognano il bébé immaginario, lo includono nel loro sogno, gli assegnano un posto. In quel momento, la psiche dell’infans non è separata da quella di ognuno di quelli che, insieme, costituiscono la sua culla psichica. » Quest’ottica rappresenta la base del pensiero psicoanalitico sul narcisismo nel gruppo. Si considerano l’individuo o il gruppo dal punto di vista del pensiero individuale o della condivisione di pensieri consci e inconsci tra individui. Di nuovo, il corpo in quanto corpo biologico, e l’altro (l’oggetto) in quanto realtà che agisce sul soggetto, non sono presi veramente in considerazione. Da parte mia, mi sono interessato soprattutto al funzionamento della personalità nel suo insieme, considerando che ciò che chiamiamo psiche è il frutto di tensioni che oppongono il corpo al suo ambiente. Si tratta di ciò che chiamiamo “funzione emergente”. Pertanto sarebbe utile distinguere chiaramente ciò che si situa in ambito biologico o ambientale e ciò che è dell’ordine dello psichico, tenendo presente che l’importante è mettere in evidenza i rapporti che intercorrono tra i due ambiti. Prima di proseguire, vorrei citare un passaggio di H. Stork che parla degli albori dello sviluppo psichico del bambino: “Le ricerche sulla comunicazione all’interno della diade tendono a provare che il lattante gioca un ruolo attivo e manifesta una predisposizione innata alla relazione. Ci si può allora 8 domandare se alcuni concetti classici che servono a caratterizzare gli inizi della vita psichica, come quelli di narcisismo primario (S. Freud), di stadio non oggettuale (R.A. Spitz), di autismo normale (M. Mahler ; F. Tustin) non meritino una revisione (almeno per ciò che riguarda il bébé cosiddetto normale). Certo, nei primi giorni dopo la nascita, l’esperienza del lattante è frammentata, discontinua ed interrotta da lunghi periodi di sonno. Tuttavia, molto velocemente, un certo numero di percezioni cominciano ad assumere per lui un significato, attraverso la loro ripetizione e grazie al clima affettivo nel quale si svolgono” . Le mie elaborazioni sono assolutamente concordi con questo punto di vista. Vorrei aggiungere che quando si parla del rapporto tra individui e gruppo è opportuno distinguere con chiarezza due tipi di funzionamento dei gruppi: i gruppi naturali, (gruppi primari) costituiti essenzialmente dalle famiglie, come quello a cui alludeva Stork, ed i gruppi artificiali, come quelli a cui si riferisce R. Kaes . I gruppi artificiali (gruppi terapeutici, di sensibilizzazione, di lavoro, ecc.) sono formati da persone la cui psiche ha già raggiunto uno stadio di maturazione quasi definitivo. La dinamica del gruppo dipenderà dai diversi gradi di maturità degli individui che lo compongono e dagli obbiettivi dell’incontro. E questo incontro è temporaneo. Al contrario, le famiglie di solito hanno a che fare con dei bambini, la cui maturazione psichica è in divenire e dipenderà non soltanto dalle aspettative dei genitori ma anche dagli eventi concreti che avranno luogo in famiglia e dai comportamenti reciproci di genitori e figli. D’altro canto, a differenza dei gruppi artificiali, hanno una lunga storia comune. Questo dovrebbe farci capire che non è possibile abbordare i due tipi di gruppo allo stesso modo e, per esempio, tirare delle conclusioni sul passato degli individui semplicemente osservandone il transfert in un gruppo terapeutico. 9 Il gruppo primario : relazioni tra individuo e gruppo familiare (Sviluppo del narcisismo individuale nel sistema interattivo genitoribambino) A questo punto, vorrei mostrarvi come si sviluppa il narcisismo all’interno del sitema familiare e lo farò tramite due esempi concreti che alcuni di voi conoscono. Nel primo esempio, vedremo che l’effetto dell’atteggiamento dei genitori sarà molto probabilmente un deficit narcisistico del bambino in età adulta ; nel secondo, il bambino con ogni probabilità avrà da grande un narcisismo sano ed equlibrato. Utilizzerò questi esempi per mostrare il rapporto tra interazioni e sviluppo narcisistico. Primo esempio: mi trovavo su una spiaggia, in una caletta semi-selvaggia, cielo blu, sole ma non troppo, pochi turisti, in poche parole un paesaggio da sogno. Ad un certo punto sento le strilla selvagge di un bambino. Si tratta di un bambino di un anno, un anno e mezzo, tenuto teneramente in braccio dalla madre che si sforza di calmarlo ; ma tutti i suoi sforzi sono vani. Sembra che si tratti di un bambino urlatore, instancabile. La madre passeggia in lungo e in largo sulla spiaggia e, quando il bambino comincia a calmarsi, cerca di rimetterlo a terra, ma immediatamente le urla riprendono più intense di prima. Dopo quasi un’ora, finalmente il bambino tace e accetta di giocare con la sabbia, mentre sua madre si siede e legge. Nè l’uno, nè l’altra sembrano tenere conto dell’altro. Ma ciò che mi colpisce è il comportamento della madre : ogni 10 secondi guarda il figlio con negligenza, senza dire una parola. Ad un certo punto viene chiamata da una vicina ; si allontana un po’ per chiacchierare. Qualche secondo più tardi, il bambino le si avvicina, senza guardarla e senza il minimo rumore, come se avesse bisogno di mantenere da lei una distanza costante. In un certo senso, questo bambino 10 sembra « telecomandato », per riprendere l’espressione della mia collega M. Baldassarre. Per parte mia, non posso fare a meno di sentirmi pessimista immaginando il futuro di questa mamma e di questo bambino uniti da un filo invisibile. Immagino il bambino, diventato adulto, diviso tra l’amore e l’odio per sua madre, che replica un insuccesso sentimentale dietro l’altro, mentre per la madre questo figlio resta l’unico oggetto d’interesse. La mia sensazione è che questa madre sia sola con il suo bambino, separata o divorziata o eventualmente vedova. In realtà mi sbaglio di grosso perchè un marito c’è ed anche un fratello maggiore. Ma entrambi sembrano così scarsamente interessati alla coppia madre-figlio che per un lungo momento non li avevo notati. C’è una chiara divisione della famiglia in due parti. Secondo esempio: per puro caso, a qualche passo da lì, assisto ad un’altra scena. La costellazione familiare è quasi la stessa : una madre ( e incinta) è sdraiata sulla sabbia. Stanca, sorride ad una bambina di circa tre anni, che gioca a qualche passo da lei. Un bambino della stessa età del bébé grida e gioca anche lui seduto sulla sabbia. Arriva il padre, si rivolge alla moglie che sembra rifiutare una proposta, probabilmente quella di sedersi su una sedia. La discussione tra padre e madre prosegue tranquillamente fino a che il bambino più piccolo inizia a lamentarsi, senza un motivo apparente, probabilmente facendo eco all’altro bambino. I genitori lo guardano e, di comune accordo, non reagiscono. Il bambino, vedendo che nessuno si muove, abbassa la voce e nel giro di un momento si rimette a piangere, trovando ingiusto di non essere preso sul serio. La scena va avanti per due o tre minuti, fino a che il padre guarda attentamente il figlio e decide di intervenire. Si avvicina e immediatamente gli strilli aumentano. Il padre non si agita e parla tranquillamente. Poi prende un pezzo di stoffa (oggetto transizionale) e lo dà al bambino, che inizialmente lo rifiuta vigorosamente. Il padre, per nulla irritato, 11 insiste con fermezza, sempre continuando a parlare al figlio ed il miracolo si realizza : il bambino si calma e un minuto dopo assisto ad una scena delle più commoventi: il bambino si alza, prende per mano il papà, fa un cenno alla sorella e tutti e tre si mettono in cammino sulla spiaggia, tutto ciò davanti agli occhi della madre, che brillano. Qui si nota che il gruppo familiare è saldo e che il narcisismo del bambino ne esce rinforzato. Due famiglie apparentemente simili, due futuri totalmente diversi. In una, fallimenti a ripetizione, disillusione, amarezza, nell’altra armonia, sicurezza e successo. Ho fatto questi esempi per illustrare la questione dello sviluppo psichico. Nei due casi, vediamo nascere un determinato sistema interattivo : un bambino piange, attira l’attenzione dei genitori che reagiscono. Nel primo caso, la madre reagisce stando al gioco che il figlio propone : ogni volta che lui piange, lo prende in braccio per rassicurarlo. Finisce per lasciare il bambino soltanto quando lui non reagisce più con il pianto. Padre e fratello sono presenti ma poco interessati alla coppia madre-bambino. Nel secondo caso, la famiglia è un’unità dove ci si preoccupa l’ uno dell’altro. Il padre tiene conto della stanchezza della moglie e decide di occuparsi lui stesso del piccolo. La madre non lo lascia solo e sorveglia ciò che accade con affetto. Quando il bambino piange, i genitori si guardano e decidono di comune accordo di non intervenire subito. Dopo qualche minuto il padre interviene, ma non prende il bambino in braccio, come la madre del primo esempio. Si limita a parlare al bambino e gli dà il suo oggetto transizionale. 12 Questo atteggiamento è un modo di significare al bambino che lui stesso dispone di possibilità di rassicurarsi da solo. Quando il bambino rifiuta, il padre insiste con fermezza ma senza rigidità. Alla fine, tutti ne escono vincitori : Il bambino si alza, prende un’iniziativa relazionale e ottiene in premio una passeggiata con il padre e la sorella. Il bambino è cresciuto senza perdere l’amore dei suoi genitori. Nel primo caso, la famiglia non riesce a costituirsi come gruppo coerente ; al contrario, nel secondo regna un’armonia che protegge gli individui e lo sviluppo del bambino. Questi due esempi illustrano che sono delle azioni complesse, associate ad un sitema relazionale a condizionare lo sviluppo. E’ il “no” dei genitori, atto (azione) di censura, associato ad un atto simbolico (il dono dello straccetto) che permette al bambino di progredire. E’ importante rilevare: 1.La relazione tra genitori, e più in particolare la loro possibilità di intendersi su un ideale 2.La reazione dei genitori al comportamento del bambino 3.I discorsi addotti a giustificazione dei comportamenti degli uni e dell’altro Nelle loro azioni, i genitori si riferiscono evidentemente alla loro cultura ed al loro progetto comune in favore del bambino. La condizione fondamentale di quest’intesa si trova nella capacità di costruire una storia comune, ciò che non era il caso dei genitori del bambino “urlatore”. 13 Il narcisismo, che riguarda sia il funzionamento psichico che l’investimento libidico di sè, si sviluppa in parallelo con la maturazione del bambino nei suoi rapporti con l’ambiente. Si fonda sullo sviluppo di un « apparato psichico », che è la soluzione di un conflitto che oppone il bambino al suo ambiente, ed offre una certa autonomia all’essere umano. Questa soluzione ha una natura paradossale, se la si giudica al livello della realtà concreta pura e dura, poichè nella vita psichica gli oggetti sono al tempo stesso presenti ed assenti. E’ come se si sentisse la presenza di un oggetto assente. La fantasmatizzazione permette da un lato il mantenimento dell’equilibrio psichico del soggetto, dall’altro il mantenimento della relazione con l’altro ; è così che, per esempio, si può avere un dialogo con qualcuno che è assente. Con l’avanzare dello sviluppo del bambino, le formazioni fantasmatiche primarie permangono sotto forma di tracce mnestiche che vengono costantemente rimaneggiate ed arricchite dalle nuove esperienze. Riaffiorano talvolta sottoforma di racconti sull’infanzia velati di nostalgia, sul « buon tempo andato » in cui tutto era possibile, sotto forma di vaghe impressioni di « paradiso perduto » o addirittura di opere d’arte, ecc. Di fatto, lo sviluppo psichico dipende strettamente da due fattori già citati : la maturazione biologica ed il comportamento dei genitori : la famiglia deve rispettare, con il bambino, alcune regole ed alcune leggi comportamentali, e queste sono dettate essenzialmente dalle leggi biologiche cioè la maturazione del bambino più che da un divieto simbolico. La censura si trova nella mente dei genitori. 14 Anche l’organizzazione familiare, il gruppo familiare, deve potersi modificare con lo sviluppo del bambino : da organizzazione semplice, centrata sui bisogni primari (fame, freddo, ecc.) deve evolvere verso un’organizzazione più complessa che permetta l’educazione del bambino, l’apprendistato professionale, gli apprendimenti sociali, ecc… Quando la famiglia non è in grado di adattarsi ai bisogni del bambino, ciò può tradursi nello scoppio di una crisi che conduce ad una lotta potenzialmente assassina. Lo stesso problema si manifesta nei gruppi istituzionali che, per alcuni aspetti, assomigliano ai gruppi familiari: una crisi scatta ogni volta che una istituzione non riesce ad’adattare la sua organizzazione agli oggetti condivisi. Assistiamo ad una tale situazione nei sistemi disalute somatica o mentale. Da quasi 20 anni questi sistemi sono in uno stato costante di riorganizzazione nella misura in cui non si sa mai se l’obiettivo principale è di natura economica o terapeutica. Questa mancanza di chiarezza è la ragione principale del caos nel quale ci troviamo. Nell’ età adulta, le nostre relazioni affettive sono costantemente mediate dai nostri fantasmi ; siamo portati a tingere il mondo esterno con il nostro immaginario. La nostra visione individuale del mondo si fonda sulle nostre esperienze infantili, le quali, a loro volta, s’iscrivevano in un determinato contesto storico e culturale. Tutto ciò implica che l’equilibrio di una coppia e la sua felicità, dipenderanno moltissimo dalla capacità di ambedue i partners di costruirsi una storia comune che abbia il valore di un mito familiare. In questo senso, i fallimenti, le crisi possono essere letti come un’incapacità di intendersi su questa storia. Nel primo esempio, il bambino è vittima dell’incapacità dei genitori di costruire una storia comune, cosa che ha provocato una scissione: da una parte la madre, dall’altra il padre. 15 Costruzione dello spazio gruppale e identità gruppale Se torniamo ora ai gruppi artificiali, ci rendiamo conto che ciò che li distingue dal gruppo primario è molto importante: 1. una sola generazione 2. censura sui legami affettivi tra partecipanti Il contesto è dunque totalmente diverso. Tuttavia, si potrebbe comparare la situazione gruppale a quella di una coppia appena formatasi, prima della nascita di un bambino, cioè all’incontro tra sconosciuti che debbono trovare una certa coesione. La capacità di una coppia di dare vita ad un insieme armonico si basa sull’attitudine a costruire una storia comune ed un racconto condiviso nonché sulla capacità di rinunciare in parte ai bisogni narcisistici individuali per trasferirli sulla coppia in quanto unità. Allo stesso modo, i gruppi artificiali fondano la loro unità sulla capacità dei membri di trasferire sull’”insieme gruppo” una parte delle loro aspettative narcisistiche. A seconda della patologia delle persone che compongono il gruppo, l’equilibrio globale varia; esso può fondarsi su formazioni più o meno patologiche, dalle credenze più folli a svariati miti o utopie. L’equilibrio di coppia o di gruppo In effetti, sembra proprio che le regole che sottendono l’equilibrio dinamico di una coppia siano molto simili a quelle che assicurano la coesione di gruppi di dimensioni maggiori, come la famiglia o addirittura la società intera. 16 Si sa che i gruppi trovano il loro equilibrio grazie a diverse formazioni psichiche, fra cui una delle più importanti è la creazione di miti condivisi. In realtà, bisognerebbe distinguere in modo più specifico le diverse formazioni psichiche, come i fantasmi, il mito, le credenze, l’utopia, il rito o il sacramento, nella misura in cui essi riflettono tipi diversi di equilibrio collettivo e patologie collettive. Queste formazioni possono essere evidenziate in ogni tipo di gruppo che si va costituendo e permettono di conoscere a che livello funziona. Sono queste formazioni psichiche gruppali a permettere agli individui di trasferire sul gruppo una parte del loro narcisismo, allo scopo di preservare l’unità dell’insieme. Tuttavia, per tornare a ciò che sottolineavo in precedenza, vorrei precisare che queste formazioni mitiche non si vedono se si tiene conto del rapporto tra interazioni e fantasmatizzazione. Un esempio: si tratta di un gruppo terapeutico composto essenzialmente da pazienti con gravi disturbi psicosomatici. All’inizio del gruppo i terapeuti danno chiare indicazioni sulla natura del lavoro gruppale:” siamo qui per capire la natura delle vostre sofferenze, per darvi la possibilità di scambiarsi esperienze, ecc. e non prenderemo nessuna decisione di natura medica.” Nonostante questa introduzione, per mesi interi, i pazienti si lamentano di non ricevere nessun denaro delle assicurazioni sociali, si lamentano del fatto che i loro medici non fanno gli esami indispensabili, secondo loro, per scoprire l’origine dei loro disturbi, ecc..D’altra parte, insistevano affinchè i terapeuti del gruppo intervenissero attivamente nei confronti dei loro medici e delle assicurazioni. 17 Si tratta tipicamente di un gruppo che non riesce a consolidarsi attorno ad una storia condivisa, a costruire un mito comune. Gli individui restano imprigionati nelle loro richieste individuali. Chiaramente questo gruppo non riesce ad unirsi sulla base di una storia comune, a costruire un mito comune. Gli individui rimangono presi nelle loro richieste individuali. La sola cosa che li riunisce è un’utopia e cioè che siamo tutti uguali di fronte alla natura e che abbiamo il diritto di non avere sofferenze e che tocca agli altri risarcirci. Se no, hanno il diritto a un compenso. Una tale utopia, che si riferisce ad atti “riparatori”, è un racconto che parla di un futuro ipotetico ed è altamente patologica poichè si fonda su un’aspettativa impossibile da soddisfare e su un diniego di quest’impossibilità. All’opposto il mito si costruirebbe sulla loro storia comune (per esempio le somiglianze delle loro esperienze) e sulla storia dello stesso gruppo. Che cosa fare in queste circostanze ? Ebbene, esattamente ciò che hanno fatto i genitori del secondo esempio: ascoltare con pazienza ma rifiutarsi d’agire, offrendo al contempo degli sbocchi simbolici. Il rifiuto di agire è imposto dal quadro psicoanalitico, lo sbocco simbolico sarà dato dalle interpretazioni. E’ l’atteggiamento che hanno adottato i terapeuti di questo gruppo, con esiti molto positivi. Questa atteggiamento di rifiuto di agire è esattamento quello che Freud ha fatto quando ha sviluppato la sua teoria dell’apparato psichico rifiutando di entrare nel gioco delle sue pazienti isteriche. Faccendo questo ha realizzato quella che a volte viene chiamata “chiusura dell’inconscio”. Secondo me, questo rifiuto attivo,correlato con la creazione di una teoria, ha avuto un effetto molto più potente che tutti gli sviluppi teorici successivi. 18 Conclusione Peraltro, e concluderò cosi, spero di averer mostrato, nel corso della mia relazione, che il destino del narcisismo individuale è inscindibile dal destino del gruppo. Un individuo non può esistere senza gruppo, e un gruppo non può esistere senza individui. Il benessere dell’individuo dipende sia dall’organizzazione psichica propria che dal gruppo. Il benessere del gruppo dipende sia degli individui che lo compongono che della natura dell’equilibrio gruppale. L’unità del gruppo si basa su un insieme di comportamenti mira al raggiungimento di un obiettivo comune. La stabilità del gruppo si basa sulla capacità dei membri di costruire un racconto comune della storia del gruppo, racconto che ha valore di mito. Se l’obiettivo del gru

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